Costantino Nivola a Palazzo Regio



Artista controcorrente, dalla complessa personalità, influenzato dalla molteplicità di componenti culturali e antropologiche assorbite, Costantino Nivola (Orani, Nu, 1911 - Long Island, 1988) fin dal principio della sua carriera si rivela in antitesi all’estetica del modernismo a favore di un’arte anonima e totale. Dal valore universale. Sintesi e purezza della forma sono le prerogative del suo codice scultoreo -in particolare per quanto riguarda l’ultimo decennio- che nulla ha a che vedere col purismo, bensì è il risultato del connubio tra mediterraneità e avanguardie storiche, nello specifico Brancusi e Moore. Attraverso una sintesi di arcaismo, sperimentazione e quell’asprezza del primitivismo che trova nel concetto di femminilità un ruolo centrale. E che mai lo imbriglierà all’interno di schemi precostituiti.




Avvalorata dalla sontuosa cornice di Palazzo Regio, che ha esordito come spazio espositivo, si è appena conclusa la prima grande antologica in terra sarda dedicata all’eclettico e versatile artista. Una sintesi d’impatto della sua ricerca estetica a vent’anni dalla morte. Ottantacinque opere, di cui una cospicua parte inedita, tra grafiche, dipinti, sculture e terrecotte. A iniziare dalle bozze per le copertine de “Il popolo” e della rivista “L’Isola” dei primi anni ’30, a precedere la grande Scena allegorica, opera surreale di daliniana memoria, realizzata con Salvatore Fancello. Il trasferimento negli States e l’incontro con Le Corbusier nel 1946 segnerà la svolta del suo percorso. Ne sono esempio i Paesaggi urbani di NY -dove l’artista, edulcorando la componente espressionista, si rivela una sorta di precursore della cultura pop - e una mezza dozzina di sand-cast (modellazione della materia attraverso una matrice di sabbia) degli anni ’50, tra cui uno Studio per lo showroom Olivetti di NY, impresa di decorazione architettonica affidata all’artista nel 1954.




Dai primi anni ’60 Nivola si dedica alla lavorazione della creta, mostrando la capacità di calarsi in una dimensione particolarmente intimista. Dai Letti -miniature a tutto tondo, metafore dell’esistenza e simbolo del rapporto uomo-donna- alle Spiagge e alle Piscine, altorilievi talvolta graffiti che risentono dell’influenza di Arturo Martini, modellate frapponendo una sottile tela alla materia. Una riflessione sull’identità, costante nel percorso di un artista violentemente sradicato dalla propria cultura, che subisce profonde mutazioni e conseguenti adattamenti non poco sofferti, così come si deduce anche da alcuni scritti. Di grande interesse e in gran parte inedite, le Lamiere chiudevano il percorso. Ciclo di sculture dedicate agli Antenati, contraddistinto da quella leggerezza tipica dei mobile di Calder e che anticipa l’iconografia della Dea Madre, leit motiv che trova il suo vertice nelle sculture in marmo e travertino degli anni ‘80. (r.v. exibart)

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